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Il comprensorio dello Zoncolan in mountain bike

Oggi è la volta del comprensorio dello Zoncolan, che scopro fra l’altro essere diventato un bike park. La fama del monte Zoncolan, sua maestà Lo Zoncolan, è dovuta al giro d’Italia, in quanto le sue ascese sono entrate a pieno merito nella leggenda. Per la precisione sono tre le ascensioni che si possono effettuare in bici da corsa da Ovaro, Sutrio o Priola. Quest’oggi dimostrerò che oltre a queste salite c’è dell’altro, un magnifico modo sommerso fatto di strade forestali e sentieri grazie ai quali è nato il comprensorio dello Zoncolan in mountain bike .

La salita più dura e utilizzata dal Giro parte da Ovaro, è stata realizzata durante il periodo fascista ed è sostanzialmente un muro continuo. La giornata odierna è la fotocopia di quella vissuta ieri sulla Panoramica delle Vette: azzurra, limpidissima e pure calda. La parte iniziale del tracciato, dopo essere partiti dal Dolomiti Village, si svolge su asfalto, prima lungo la statale 465 che porta al paese di Sutrio, poi sulla provinciale 123 che coi suoi svariati tornati conduce alla sella dello Zoncolan in MTB. Mi rendo conto che un biker può storcere il naso visto l’alto tasso di asfalto. Le alternative ci sono ma il giro è lungo e non è il caso di complicarlo già dall’inizio.

Puntualizzo subito una questione importante. Chi non vuole cimentarsi nella salita in bici può utilizzare nei mesi di luglio ed agosto la seggiovia da Ravascletto, oppure sfruttare le e-bike ed il servizio bus navetta offerto da Silvio, ma andiamo con ordine.

La salita si può dividere in due parti. I primi nove chilometri circa sono tranquilli, anche un po’ noiosi se vogliamo dirla tutta, infatti presentano una carreggiata ampia a due corsie che serpeggia nel bosco di conifere. Per mia fortuna oggi traffico zero. A 1280 metri la strada spiana e allora ne approfitto per pranzare presso la Baita da Rico, gestita da Silvio e suo figlio (faccio notare che alla sella dello Zoncolan non c’è alcun punto di ristoro). Qui mangio uno dei piatti tipici friulani, i cjarsòns, particolari ravioli ripieni alle erbette.

Silvio, gran conoscitore della Carnia, appassionato e guida di mtb, mi illustra pregi, potenzialità e limiti del territorio e dei suoi abitanti. Ritrovo in lui molti miei pensieri, in primis quello riguardante la visione unitaria per far funzionare un prodotto (in questo caso il comprensorio dello Zoncolan in MTB), che superi i confini territoriali e soprattutto mentali. Mi fa intendere, come se non lo avessi già capito, che la Carnia è selvaggia, quasi barbara. Ora che ci penso, questo carattere irrequieto e primitivo si ritrova anche nei fiumi friulani e soprattutto nel Tagliamento, che scorre poco più a sud. Il corso d’acqua viene considerato l’unico dell’intero arco alpino, ed uno dei pochi in Europa, a preservare una morfologia a canali intrecciati. Per tale motivo e per l’unicità del suo ecosistema fluviale è chiamato il Re dei fiumi alpini. Sul finire di questa lunga e piacevole chiacchierata Silvio mi indica sulla mappa dello Zoncolan bike park il percorso che seguirò.

Risalgo in bici a pancia piena (fondamentale) per affrontare la seconda parte della salita. Gli ultimi tre chilometri e mezzo sono micidiali in quanto si deve tagliare e costeggiare una pista da sci, perciò le pendenze si fanno davvero importanti. La pendenza media è del 13% con punte del 20%. Un signore in bici da corsa si pianta davanti a me, io invece procedo a testa bassa e lo supero grazie agli agili rapporti della mia mountain bike. Sulla sella dello Zoncolantrovo il monumento al ciclista, una tabella con la mappa ed una panca. Il panorama si conferma di grande respiro: in un attimo mi si presenta a nord il monte Crostis con la Panoramica delle Vette, e dietro il monte Coglians, confine fra Italia ed Austria, che coi suoi 2780 metri è la vetta più alta del Friuli. Il punto di vista è cambiato, lo stupore permane e si diffonde.

Lungo i sentieri dello Zoncolan in MTB

Dopo così tanto asfalto c’è voglia di evasione su fondo naturale. Dal passo si svolta a sinistra per baita Tamai su cementata e quindi per malga Tamai su uno sterrato che segue l’andamento dei pascoli e taglia con un continuo sali e scendi i pendii. Le tabelle sono precise; indicano i luoghi di destinazione finale ed i numeri presenti corrispondono ai percorsi segnalati sulla mappa lasciatami poco prima.

Da malga Tamai a malga Meleit, entrambe oggi purtroppo chiuse, il passo è piuttosto breve. Si inizia a scendere anche rapidamente lungo una “esse” di cemento e prima di malga Meleit scorgo il sentiero Cai 158. L’alternativa per rendere questo un percorso gravel consiste nel proseguire sulle strade bianche e scendere a valle, io invece scelgo la vecchia mulattiera per onorare lo sforzo fisico e la mia mountain bike.

La via è piuttosto ampia, ciò mi dà sicurezza in quanto i 3,8 chilometri corrono su un crinale erboso esposto a sud. Indubbiamente è il tratto più avventuroso dell’intero percorso, con squarci panoramici di spessore. Anche da qui, come dalla Panoramica delle Vette, vedo la pianura ed il mare.

Il sentiero Cai è quasi del tutto pedalabile, se si possiede forza ed equilibrio. Due sono i segmenti dove si sale e si fa fatica; l’ultimo in prossimità di Malga Claupa dove la presenza di sassi ed il terreno sconnesso mi costringono a scendere e spingere la bici sull’erta per un centinaio di metri.

Presso la malga merito una sosta: mangio, bevo e mi godo il silenzio. Ora seguo l’itinerario otto con destinazione Cludinico. La sterrata sale allo stesso modo del precedente sentiero; inizio a sentire un attimo di stanchezza ma finalmente arriva anche la discesa. È una lunga calata dove bisogna mantenere la concentrazione lungo i numerosi tornanti per non scivolare. In località Stavoli Aiers, dove il bosco lascia il posto a verdi prati, ritorno su asfalto. Dopo un chilometro bisogna fare attenzione all’incrocio e svoltare a destra. La strada spiana un attimo, così da entare in un bellissimo faggeto. La discesa è ancora lunga, a tratti vorticosa sino ed oltre l’abitato di Cludinico, per giungere sulla ciclabile del Canale di Gorto e dunque al paese di Ovaro.

Lungo i sentieri dello Zoncolan in MTB

Per tornare a Ravascletto mi devo confrontare con la prima parte della temibile salita dello Zoncolan, quella del versante Ovaro per l’appunto, sino a Liariis e poi ancora sino Clavais. Mi addentro nel bosco per prendere la nuova ciclabile, la Clavaiana, che continua a salire con muri di cemento mentre la fatica aumenta ma pure stavolta la discesa mi salva. La stradella torna ad essere sassosa ed in prossimità del rio secco si riduce ad un angusto ma breve sentiero. La Clavaiana proseguirebbe alla mia destra con altre erte ma io non devo andare a Ravascletto allora ‘intuisco’ il sentiero che mi conduce nel verde prato che costeggia la statale fatta stamattina. Ancora alcuni chilometri di asfalto e finalmente il riposo presso il Dolomiti Village.